Benvenuto!

La Scuola di Yoga “Sùrya” nasce nel novembre del 2003 per iniziativa del suo fondatore Ottaviano Fuoco, studioso di cultura indiana ed insegnante di Yoga, come Associazione Sportivo Culturale US ACLI, riconosciuta dal CONI.
La scuola è un centro dove è possibile praticare lo HathaYoga e non solo, possiede una biblioteca ed una Sala da thè. Organizza seminari di Shodo e di Nada Yoga, incontri di studio, concerti, conferenze, approfondimenti sulle discipline orientali.

sabato 15 dicembre 2012

Impressioni di Novembre


A gatta ch'è 'mparata aru salatu, pocu sinni frica d'i fischi i Pica!”
...è un vecchio proverbio calabrese: il gatto “cannaruto” (golosone) e furbo, mal abituato a rubare “ù salatu” (salsicce, prosciutti custoditi nella dispensa), non si interessa dei rimproveri ( i fischi i Pica), la Pica è il nome dialettale di un uccello che ripete un verso insistentemente.
E' per sottolineare il fatto che nonostante venga detto, ormai giornalmente, di spegnere le luci negli ambienti della nostra Scuola Yoga...devo SEMPRE fare il giro di tutte le stanze per spegnerle.
Probabilmente “è più forte di voi”, non ce la fate...proprio come una ragazza universitaria che alloggiava nella stessa casa delle studente dove soggiornavo anch'io, la quale infilava furtivamente uno stecchino nel campanello di ogni porta, in modo da incastrare l'interruttore che continuava così a suonare, con una bandierina attaccata sulla quale c'era scritto “è più forte di me”!
Novembre è stato un buon mese di pratica, sana e robusta la presenza e la frequenza alle lezioni. Gli allievi tutti hanno messo l'anima nella pratica delle asana (qualcuno l'ha anche lasciata sul parquet).
Ho cominciato ad introdurre la pratica del SUONO nelle lezioni... e, impatto imbarazzante e timidoso a parte, devo riconoscere che pian pianino tutti sono riusciti (TUTTI TUTTI NO!) a far venire fuori la propria voce. Vorrei ancora una volta ricordare che NESSUNO è stonato in natura (nemmeno mia sorella). Dire: “no no, io non canto...sono stonato!” è come dire “io non so fare la pipì!”
Il fatto di emettere un suono più o meno armonioso dipende da due fattori: il rilassamento e l'ascolto. E' ovvio che se uno è “teso”, ansioso, nervoso e non ascolta non ha la capacità di riprodurre un suono bello.
Analizziamo due casi. Il primo è la “riproduzione” di un suono, cioè emettere un suono appena ascoltato; il secondo è la “produzione” di un suono, cioè emettere un suono senza averlo ascoltato prima. Nel primo caso quello che bisogna fare è semplicemente ASCOLTARE per cantare lo stesso suono, ovvero la stessa nota. Per ascoltare bisogna prestare ATTENZIONE, non bisogna lasciarsi distrarre da niente, neanche dal pensiero o dalla convinzione di essere “stonati”.
Nel secondo caso, la produzione di un suono, bisogna prenderlo dal proprio corpo, dal proprio cervello e farlo venire fuori. In questo caso è molto più dura (...oppure più facile per chi non si preoccupa dell'intonazione).
Ora facciamo un po' di chiarezza su un concetto che sicuramente sfugge ai più...confondere il significato dei termini!
Bisogna innanzi tutto RILASSARSI (va bene anche “stravaccarsi” in poltrona o sul letto) e iniziare a respirare, immergersi nel proprio ritmo respiratorio e portare un sorriso dentro. Quando la mente si è acquietata, durante l'espirazione (anche perché inspirando risulta difficoltosetto...comunque potete provare...per carità!). Fate vibrare una emme a labbra socchiuse. Ripetete per circa un minuto, quindi lasciate uscire una A, semplicemente aprendo la bocca, senza forzare la gola. Dopo un po' di pratica sentirete che il suono proviene da tutto il corpo.
Ma come si caratterizza una emissione sonora? Una emissione sonora ha quattro caratteristiche: il Tono Muscolare, il Volume/Intensità, Altezza/Frequenza ed il Timbro.
Il TONO MUSCOLARE è la caratteristica fisica del corpo da cui proviene il suono.
L'INTENSITA' (VOLUME) è la qualità che distingue i suoni in deboli o forti e dipende dalla forza con cui i corpi sonori vengono eccitati e dalla distanza dalla fonte sonora di chi ascolta.
Il TIMBRO è la qualità del suono che permette di distinguere due suoni diversi che hanno uguale INTENSITA' ed ALTEZZA. Ovvero è quell'attributo della sensazione uditiva che consente all'ascoltatore di identificare la fonte sonora, rendendola distinguibile da ogni altra. Questo “parametro” del suono musicale, insieme all'altezza ed all'intensità, suggerisce numerose analogie con il COLORE. Infatti il Timbro viene designato come “Colore del Suono”.
In sintesi: è elementare che ognuno abbia una sua propria voce caratteristica!
L'ALTEZZA è la Frequenza fondamentale di una nota musicale o suono che viene percepita ed è una caratteristica del suono. L'ALTEZZA è la qualità che permette di distinguere se un suono è ACUTO o GRAVE e dipende dalla frequenza dell'onda sonora che lo ha generato. Più la frequenza è elevata più il suono ci sembra ACUTO, mentre più la frequenza e bassa più il suono apparirà GRAVE. Il sistema di Percezione Uditiva umano, in alcune circostanza, può avere anche difficoltà a distinguere differenze di altezza tra le note.
Se su un pentagramma musicale andiamo a rappresentare due note ad esempio due RE anche se fatte vibrare (cantate o suonate) con uguale TONO MUSCOLARE e stessa INTENSITA' (volume) e stessa DURATA, la FREQUENZA (altezza) può essere differente.
Semplificando, un uomo rispetto ad una donna ha un corpo differente ed in maniera del tutto naturale farà vibrare i suoni ad un'altezza GRAVE (bassa), mentre la donna ad un altezza ACUTA (alta), ma entrambi possono “armonizzare” (cantare) la stessa nota.
Dunque non lamentatevi più quando non riuscite a gustarvi le lezioni di Yoga sul canto, perché nessuno è stonato...fermo restando che “non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
Namastè

martedì 27 novembre 2012

Impressioni di Ottobre


...è il titolo della nuova rubrica che il mio geniale, quanto prezioso, collaboratore Ernesto ha trovato per il nostro Blog.
Ha preso spunto dalla canzone “Impressioni di Settembre”...come non ricordare quel capolavoro della PFM: “cosa sono adesso non lo so, sono un uomo in cerca di se stesso.” Beh! Mi pare “azzeccato” come titolo della nuova rubrica a cura di Surya Scuola Yoga.
Settembre e ottobre mi hanno stupito, no..non i mesi (ahaha), nel senso che sono rimasto piacevolmente colpito dal fatto che sin dal primo giorno di riapertura della Scuola, l'affluenza degli allievi è stata numerosa. Il martedì di Meditazione, che ha dato il via ai corsi, è stato pieno...la sala si è riempita di praticanti che hanno onorato la seduta con dedizione e gioia.
Il mio sorriso interiore si è allargato quando ho constatato che quasi tutti i “vecchi allievi” hanno ripreso a praticare con serietà e fervore, dimostrando di aver conquistato una buona consapevolezza di se.
Certo...ci si rende conto facilmente di quanto sia arduo intraprendere una Via, ma solo dopo un po' di anni di pratica si comincia a “capire e comprendere” qualcosa che poi si gusta e assapora in fondo solo approfondendo la pratica. Ovvio c'è bisogno all'inizio di tanta buona volontà e ciò costa fatica, ma oltre gli ostacoli c'è un giardino meraviglioso che... respirarlo non si può se non si pratica con costanza.
Come ogni anno, tra settembre e ottobre, la processione di curiosi è stata ricca. Una ventina di persone, di diverse tipologie, sono venute nella nostra Scuola a chiedere informazioni. I personaggi si sono alternati da quelli che all'ingresso non hanno voluto togliere gli alti zoccoli a spillo e sono scappate via dicendo “no, no...io voglio fare solo Meditazione, non voglio togliere i tacchi!” (Esticà!!), al tipo, sulla trentina, che è venuto a far sapere, giusto così, che lui fa la “meditazione trascendentale” ed è andato via (Esticà!!); la bionda esaurita che è riuscita a parlare per quaranta minuti di seguito, ed io in silenzio ad ascoltarla, raccontando della sua famiglia, di come vanno in chiesa tutte le domeniche ed insieme alla santa comunione assume regolarmente ansiolitici e psicofarmaci. (Esticà!!); alle due signore, sulla sessantina, che hanno subito messo in chiaro le cose,e poi andate via, “noi saremmo interessate ad iscriverci, ma se pregate Maometto noi non veniamo, sia chiaro!” (Chiarissimo...esticà!); ai soliti tre o quattro “pentiti” che ritornano come ogni anno e mi promettono (a chi? A me? Ahahaha) di iscriversi e praticare seriamente e per rimanere fedeli alle loro parole “spariscono” ancora...seriamente. (Esticà!) ; a quelli nuovi che si iscrivono entusiasti, fanno tre lezioni in due mesi e vanno via affermando di non aver raggiunto i “risultati attesi!” (Esticà); alle ventenni, aerobicwomen, iperallenate, che alla fine della lezione di prova sono sconcertate perché stanche e vanno via senza nemmeno salutare (Esticà!). Ecc., ecc.
La cosa più importante, però, che su tanti curiosi c'è sempre qualcuno che è più sveglio e resta, continuando la pratica, perché ha di certo “poca sabbia sugli occhi!”.
Ad ogni modo, oltre alle condizioni meteorologiche, più che mai pazzerelle che impongono un adattamento fisiologico repentino e costante non molto piacevole, nella nostra Scuola Yoga c'è un atteggiamento che non mi piace affatto, un leggero velo di “superficiale disattenzione accidiosa”.
Per questo motivo ripeto (per l'ennesima volta) alcune semplici regole della Scuola:
  1. “Le attrezzature della scuola devono essere conservate”, alla fine della lezione le coperte, cinghie, mattoncini devono essere riposte con cura in maniera ordinata, non buttati dove capita.
  2. “I tappetini per la pratica devono essere acquistati”...non aggiungo altro!
  3. “Le luci si spengono” quando si esce da una stanza rimasta ormai vuota bisogna spegnere la luce, non sono io che devo andare a spegnerle.
  4. “I libri devono essere conservati” i libri presi in prestito quando vengono riconsegnati devono essere riposti nella libreria, no sul divano, sui mobili, ecc.
  5. “In sala è necessario sistemarsi ordinatamente”, quando c'è tanta gente bisogna collaborare, stringersi un po', affinché tutti abbiano il proprio spazio.
  6. “Ci si inchina entrando ed uscendo dalla sala”, inchinarsi quando si entra ed esce dalla sala fa parte della pratica Yoga ed è necessario per sviluppare un'Attenzione di livello superiore.
  7. “Il muro affianco al balcone è fuori squadro”, ormai credo che in dieci anni l'avrò ripetuto miliardi di volte, il pezzetto di parete a sinistra del balcone, precisamente tra la colonna ed il balcone non va usata per fare le “asana alla parete”.
  8. “Alla fine della purificazione del respiro si rimane fermi”, quando si finisce la purificazione del respiro bisogna rimanere immobili fino a quando tutti gli altri non abbiano terminato l'esecuzione. Mi avete mai visto muovere? No! Possibile che non si riesce a rimanere per due minuti fermi?
“Repetita Iuvant” dicevano i latini, ma francamente sono stanco di ripetere sempre le stesse cose!
La “tirata d'orecchi” è, ovviamente, per gli allievi anziani che DEVONO insegnare, prima, durante e dopo la pratica come ci si comporta e come ci si organizza. Gli anziani dovrebbero essere la guida dei giovani allievi. Lo Yoga prevede YAMA e NIYAMA, disciplina verso se stessi e verso gli altri, tale disciplina non è vista come costrizione ma come “studio di se” e “amore verso il prossimo”.
Per quanto riguarda la pratica delle Asana, le “impressioni di settembre e ottobre” sono ottime...un inchino a mani giunte a tutti i praticanti.
SHANTI, SHANTI, SHANTI, OM!  
Ottaviano


martedì 18 settembre 2012

Il Massaggio


Secondo la cultura cinese gli esseri umani fanno parte di quell'armonia naturale presente tra il cielo e la terra e il corpo umano viene paragonato al paesaggio terrestre. Le vene possono essere considerate dei fiumi e il sangue è come l'acqua che vi scorre dentro.
Quando c'è un blocco all'interno del fiume si verifica un'inondazione, cioè si ha dell'acqua in eccesso che la riva non è più in grado di contenere.
Lo stesso accade nel nostro corpo: se soffriamo di un “blocco” causato da qualsiasi ragione, ci sentiamo a disagio, abbiamo dei dolori al collo, la schiena rigida, etc. Tutti sintomi molto comuni al giorno d'oggi per coloro che vivono in questo ambiente così competitivo. Ne soffrono soprattutto coloro che lavorano a lungo al computer e mantengono la stessa postura per molte ore.
Si suppone che le origini del massaggio possano risalire a 3000 anni prima di Cristo e in tutte le grandi civiltà appaiono indizi che ne indicano l’importanza. I primi riferimenti si trovano in manoscritti cinesi che risalgono al 2700 a. C. In questo periodo vissero i primi terapisti di cui c'è giunta notizia ed al terzo millennio a.C. risalgono le prime tecniche di cui si possiede una certa documentazione.
Durante il XX secolo, i grandi progressi compiuti dalla medicina convenzionale posero in secondo piano le terapie tradizionali che erano state praticate per secoli. Abbagliata dai risultati della scienza e della tecnologia, fino a qualche decade fa, la maggior parte della popolazione dei paesi cosiddetti sviluppati, conosceva a stento il valore terapeutico del contatto umano. Tuttavia, attualmente il massaggio sta vivendo un momento di rinascita grazie a un forte bisogno di ritorno ai valori “naturali”, come reazione alle condizioni di intenso stress imposti dalla moderna società.
Il massaggio migliora la circolazione, aumenta il flusso di sangue, che porta l’ossigeno ai tessuti del corpo. Ciò può aiutare l’eliminazione dei residui, accelerare la guarigione dopo eventi di disturbo ed aumentare il recupero della flessibilità.
In un ottica di benessere generale, anche presso la Scuola Sùrya è possibile prenotare un massaggio SHIATSU o INDIANO, trattamenti mirati al riequilibrio energetico. Essi amplificano il sistema circolatorio ed immunitario, migliorano la pressione sanguigna, la circolazione, il tono muscolare, la digestione ed il tono della pelle ed sono  utilissimi per neutralizzare lo stress.
Il massaggio, come abbiamo visto, può essere una terapia di base per svariati malanni, ma può anche essere complementare ad altre terapie; è indicato anche per contratture, distorsioni, stiramenti o slogature. E' comunque molto utile anche a chi gode di ottima salute.
Il massaggio è una fonte di incredibile benessere, di serenità e di rilassamento. Dopo un massaggio ben eseguito l’effetto benefico si fa sentire con una sensazione di leggerezza estremamente piacevole.
Ricordando un vecchio spot “provare per credere”!
Namastè

mercoledì 5 settembre 2012

Il sè che fa se stesso da se stesso


Sono molto ricco ed ho una famiglia meravigliosa, ma per qualche ragione che non so spiegarmi, una decina di anni fa ho cominciato a sentirmi terribilmente solo. Allora ho cominciato a studiare prima una religione, poi un'altra, non sentendo ne gioia ne appagamento. Sono venuto in Giappone per approfondire lo zen e vorrei sapere che cosa ne pensa di questo mio senso di solitudine.”
Le è mai capitato di pensare che il senso di insoddisfazione o di vuoto possa essere dovuto al fatto di ricercare il valore, il fondamento, il riconoscimento della sua esistenza soltanto in cose fuori di lei, come la proprietà, il lavoro, gli affetti? Probabilmente il senso di vuoto che prova viene dal fatto di non aver trovato questo fondamento nella realtà del suo vero sé. In altre parole lei sente un vuoto nella vita perché ha sempre vissuto in rapporto agli altri o alle cose, e non ha mai vissuto il suo vero sé.” (Aprire la mano del pensiero – Kosho Uchiyama)
Martedì 11 settembre riapre la Scuola. La prima attività del nuovo anno sarà zazen (meditazione da seduti), allora il primo post di settembre è dedicato proprio alla meditazione.
Il dialogo iniziale è la conversazione tra un maestro zen e un discepolo. Avete mai provato quel senso di vuoto che il discepolo descrive? Vi siete rivisti nelle parole del maestro, indaffarati a colmare quel senso di vuoto con qualcosa proveniente dall'esterno?
Fare zazen significa vivere la realtà della vita, senza presumere che l'”io” sia determinato dal rapporto con altre persone o cose. Quando entriamo nel mondo dello zen, entriamo nel mondo della pratica dove viviamo la realtà della vita. Il mondo della pratica in effetti non è niente di speciale, ma probabilmente suona poco familiare.
Il significato dello zazen si basa sull'atto stesso dello zazen e dunque la questione di come praticare è fondamentale. Prima di tutto la stanza deve essere il più silenziosa e tranquilla possibile. Né troppo luminosa, né troppo buia, calda d'inverno e fresca d'estate, e principalmente pulitissima. In altre parole bisogna cercare di creare un ambiente quieto e tranquillo dove poter praticare regolarmente. In questo modo creiamo un'atmosfera che aiuta la pratica dello zazen.
Nella pratica sono fondamentali la postura e la respirazione. Per quanto riguarda la postura bisogna sedersi con le gambe incrociate e gli occhi chiusi. La mano destra va portata all’altezza dell’ombelico, aperta e con il palmo rivolto verso l’alto. La mano sinistra, nella stessa identica posizione, si appoggia sulla mano destra; i pollici si toccano.
È importante che la schiena sia dritta; quindi cominciare con il raddrizzare la parte inferiore della schiena, la zona lombare, poi il resto della schiena e il collo. Le orecchie e le spalle devono essere allineate in orizzontale. Le spalle e i gomiti sono rilassati, i gomiti leggermente discostati dal bacino.
A questo punto si comincia a respirare profondamente, con calma, concentrandosi solo sulla posizione del corpo e sul respiro.
Capirete facilmente cosa intendo dire se paragonate la postura dello zazen con la famosa statua di Rodin, Il Pensatore. L'uomo siede incurvato, con le spalle spinte in avanti e il petto incassato, come a voler inseguire le illusioni. Braccia e gambe sono piegate , collo e mani sono piegati e persino le dita dei piedi sono inarcuate. Quando il corpo è così ripiegato e contorto, il flusso sanguigno ed il respiro diventano congestionati; ci perdiamo nelle nostre fantasie e siamo incapaci di liberarcene. Per contro, quando sediamo in zazen, tutto è diritto: busto, schiena, collo e testa. Poiché l'addome poggia comodamente su due gambe saldamente piegate, il sangue circola liberamente verso l'addome e il respiro raggiunge facilmente il tanden. La congestione trova sollievo, l'eccitabilità diminuisce e non abbiamo più bisogno di correre dietro a fantasie e illusioni. Fare uno zazen corretto significa assumere la postura corretta e affidarle tutto.” (Aprire la mano del pensiero – Kosho Uchiyama)
A martedì...
Namastè

giovedì 21 giugno 2012

Per quanto tempo?

Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita vorrei fare quello che sto facendo oggi? Ogni qual volta la risposta è no per troppi giorni di fila capisco che c'è qualcosa che deve essere cambiato” Steve Jobs
Un'arma molto potente che noi abbiamo al fine di allargare la nostra Consapevolezza è lo stato d'animo interiore della Disciplina. Molti associano erroneamente la disciplina ad un regime di forzatura interiore, ma la disciplina che intendiamo è un modo di essere ed agire fondato su tre elementi base:
  • decidere consapevolmente le proprie azioni;
  • agire senza aspettative;
  • accogliere in serenità qualsiasi risultato.
In generale facciamo esattamente il contrario: decidiamo le nostre azioni in conseguenza di qualche cosa, agiamo con ogni corta di aspettative nei riguardi di noi stessi e degli altri, e dato che il risultato delle nostre azioni è molto spesso differente da come ce lo aspettiamo, non lo accogliamo mai in serenità, ma con risentimento e rammarico.
La chiave della Disciplina ed il suo enorme valore aggiunto sta nella sua permanenza temporale, in quanto se non è mantenuta per tutto il tempo che gli occorre per radicarsi non è altro che un'illusione.
Decidere consapevolmente le proprie azioni significa valutare la situazione di vita nella quale ci troviamo e decidere di conseguenza; cioè a dire, decidere una direzione che punti dritta al nostro miglioramento delle condizioni di vita per il nostro benessere.
Agire senza aspettative significa compiere le nostre azioni senza condizionamenti. Una volta che si è decisa consapevolmente un'azione bisogna intraprenderla senza più considerare giudizi e supposizioni create dalla nostra mente ordinaria.
Accogliere in serenità qualsiasi risultato significa renderci conto che il risultato delle nostre azioni non rientra nel dominio delle decisioni dell'essere umano. La nostra libertà è nell'azione, i risultati sono di pertinenza di forze superiori. Ci sono sempre risultati che scaturiscono dalle nostre azioni, ma che cosa, quando, quanto e come non è nostro dominio e decisione.
Ma qual'è la differenza tra una azione disciplinata e una abitudine? La Consapevolezza!
Una abitudine trae origine da pensieri inconsapevoli e fuori controllo; l'azione disciplinata scaturisce da pensieri e decisioni consapevoli.
E' tuttavia indispensabile ricordare che la Disciplina è illusoria e non ci darà nessun risultato se non è mantenuta nel tempo. Per quanto tempo? Le sensazioni che essa libererà in noi ci diranno quando il tempo di una disciplina è compiuto.
Namastè

giovedì 24 maggio 2012

Pronto Soccorso


Giorno 17 maggio presso la Scuola si è svolto il Seminario sul Pronto Soccorso.
E' stato molto interessante imparare rimedi semplici, e non, da utilizzare in momenti di bisogno.
La domanda più importante che è emersa è stata “intervenire o no in caso di necessità?”. Ecco il processo decisionale che deve essere alla base dell'intervento: PERCEZIONE CHIARA, di se stessi degli altri e dell'ambiente, ESPERIENZA, PRONTEZZA e SEMPLICITA', SICUREZZA e CALMA, altrimenti...è meglio chiedere AIUTO!
E' stato molto interessante confrontare il nostro modo di pensare la salute con quello del dott. Noguchi, medico giapponese e del dott.Gan, medico indonesiano. Secondo questi medici il processo terapeutico deve saper risvegliare la forza vitale dell'individuo per dare un maggiore impulso ai processi di autoregolazione del corpo. Basti pensare al concetto di salute; per noi occidentali la salute è sinonimo di assenza di malattia mentre per Noguchi o Gan è la capacità dell'organismo di riprendersi velocemente dalla malattia.
E' stato anche divertente vedere come ci si è improvvisati soccorritori e soccorsi, tutti con la voglia di prestare le migliori cure del caso. Bisogna ammettere, però, che in alcuni casi le persone soccorse sono “morte”, questo per dimostrarci come, anche in casi di assoluta tranquillità, sia difficile intervenire. Prima di tutto, pertanto, è fondamentale essere consapevoli di quello che si sta facendo ed in caso contrario è meglio chiedere aiuto.
Ora qualche consiglio pratico: per alleviare i dolori muscolari dovuti a contratture o tensioni basta riscaldare del sale grosso in padella, quando diventa caldo riporlo in uno strofinaccio ed usarlo come tampone sulla parte dolorante. L'ananas è un buon antinfiammatorio, mentre lo zenzero è un tubero “miracoloso”, dai molteplici effetti e da consumare in tanti modi diversi: infusi, decotti, nel the, come base per il soffritto...provare per credere!
Namastè

venerdì 11 maggio 2012

Muscoli, Sudore e Presenza Mentale


Era un torrido pomeriggio di agosto, il termometro ormai stanco di segnare i quaranta gradi cercava invano un riparo all'ombra del sole. Il viaggio non era stato dei migliori. Il breve tempo concesso alla “siesta”, allietata dalla “musica” dei treni in transito, non era riuscita a far recuperare le energie sprecate la mattina nell'intento di costruire castelli di sabbia.
Quando i due arrivarono a destinazione si resero subito conto che quell'anno avrebbero dovuto sudare molto e la ragione non era certo il caldo. Erano presenti volti noti, conosciuti per la loro bravura, amici di sempre e persone mai viste, tutte accomunate dalla stessa passione.
Quello che di certo non mancavano erano gli sguardi scrutatori dei presenti, intenti a carpire i segreti degli altri concorrenti. In fondo, però, ognuno cercava di darsi simbolicamente una pacca sulla spalla per rafforzare la propria autostima.
Il pomeriggio trascorreva tranquillo tra acquisti e chiacchiere quando i due decisero di andare a controllare quello che l'indomani sarebbe diventato il campo di battaglia. Dopo qualche “tiro” sulle nuove vie rientrarono decidendo quale sarebbe stata la migliore strategia da adottare.
Con il calare della sera, complice probabilmente una doccia gelata ed una luna piena, quello che prima era un ambiente ostico ora si trasformava in un covo di amici intenti a divertirsi. Birra e salsiccia, questa era la cena. I più audaci si imbattevano in piatti di pasta dall'indubbia provenienza, ma dal sapore favoloso. C'era chi era preso da una musica assordante e c'era chi aveva le “palle piene” della stessa musica. I due erano tra coloro che avrebbero appiccato incendio alle casse da cui usciva la musica, così di soppiatto cominciarono a sabotare il mixer del dj.
La guerra fu persa...la musica continuò al massimo volume per tutta la notte!!!
Con il sole ormai alto, con un rapido caffè ed un cornetto di bassa qualità, le persone, con il tipico passo lento di chi la notte ha vissuto da leone, si erano radunate intorno all'imbonitore che dettava le regole della guerra. Il clima di festa della sera prima era sparito e di nuovo erano tornati gli sguardi della sfida. Molti sapevano che non avrebbero avuto nessuna possibilità di vittoria, ma nessuno voleva dimostrarlo, anzi la legge della strada imponeva di mostrarsi ancora più forte.
La gara ebbe inizio ed i due per riscaldarsi chiusero vie già conosciute, “Pinko Ponko” e “Red Hot”. Amici cominciarono a cadere sotto i colpi dello stress e della fatica, ma non c'era tempo per i feriti, gli avversari avanzavano a colpi di 7B e 7C. Occorreva giocare la carta: “O Zappatore”, 33 metri di pura adrenalina. Muscoli, sudore e presenza mentale erano gli unici ingredienti per poter arrivare in “catena”. Può sembrare “strano” ma essere a 33 metri di altezza, attaccati solo ad una corda, a strapiombo sul niente fa un certo effetto (bisogna avere nervi saldi e chiappe strette) ed ogni passo, ogni tacca, ogni metro in più sono un piccolo tassello alla conoscenza personale.
Ma la gara andava avanti ed i due riuscirono a mettere a segno diversi punti chiudendo un'altra serie di vie. Di nuovo però era tempo di giocare l'asso “Piscina con vista” un via di 30 metri con traverso laterale mai provato prima. I muscoli dolevano, ma i due sapevano che avrebbero dovuto osare...così fu!
Ore 18.30 fine dei giochi. Tutti i partecipanti alla gara stancamente tornavano al rifugio dove ad attenderli c'era una doccia gelata ed una birra altrettanto fredda, e tutti con gli animi ansiosi di conoscere l'esito della gara. Da li a qualche ora avrebbero saputo.
Di nuovo divenne notte e come per quelle strane alchimie la festa ricominciò. La gara era stata momentaneamente rimossa dalla testa, quest'ultima ormai sopraffatta da quella musica dal volume “infernale”.
Era il momento, i giudici, che come due azzeccagarbugli si erano appartati precedentemente su un tavolino per i conteggi e le dovute verifiche, gridavano al pubblico che ormai tutto era pronto per la proclamazione. “I vincitori sono...”.
I due non vinsero la gara, non si qualificarono nemmeno tra i primi tre, in fondo lo avevano sempre saputo di non avere nessuna chance, ma la passione per la montagna e per la roccia, la voglia di condividere con gli altri delle nuove esperienze avevano fatto di loro i veri vincitori!
Resoconto del meeting di arrampicata sportiva organizzato dall'associazione Vertical Climbing Laos svoltosi nei giorni 19-20 agosto presso le falesie di Orsomarso (CS)

lunedì 26 marzo 2012

Affascinare lo spirito

Aprendo la porta della Scuola ti pervade un assordante silenzio, una concentrata operosità, ognuno intento ed assorto nel proprio compito: c'è chi con pazienza e costanza sfrega la barretta d'inchiostro sulla pietra, chi ascolta con riverente attenzione i suggerimenti del Maestro, chi ancora sta scegliendo il proprio nome da calligrafo, da apporre sul foglio come firma alla fine di ogni lavoro e c'è chi trema dall'emozione, perchè da un momento all'altro scriverà il grande kanji finale! Momento intenso e liberatorio!
In poche parole è questo quello che si respira durante i seminari di SHODO, come nell'ultimo svoltosi il 18 e il 19 febbraio scorso presso la Scuola, tenuto come sempre da Norio Nagayama Sensei.
Il Maestro Nagayama si è dimostrato come sempre molto generoso, dando dimostrazione del suo talento incantando tutti letteralmente. Se, infatti, ci si ferma ad ammirare il Maestro all'opera, si nota che tutti i principi fondamentali dello Shodo hanno piena espressione: il ritmo, la continuità del gesto, il controllo della forza espressa al pennello sulla carta, tutto sembra spontaneo, vera rappresentazione dello spirito del calligrafo. E allora basta questo per "affascinare lo spirito" (significato di SHENYUN, parola con la quale i cinesi definiscono lo Shodo), ma ancora di più, è attraverso l'approfondimento di una metodologia rigorosa, ma praticata con la massima libertà, che si arricchisce la propria interiorità.
Nel rito fondamentale, lungo, ma nello stesso tempo semplice, di strofinare la barretta d'inchiostro sulla pietra, si inizia a fare "vuoto" dentro di sè, riversando poi tutta la propria energia nell'inchiostro che lentamente si va addensando, si passa poi alla tecnica dei tratti, prima orizzontali, poi verticali, l'entrata, l'uscita, ecc. Sul foglio bianco di carta di riso il pennello lascia tracce di inchiostro che si espandono lentamente, ogni tratto sembra disporsi casualmente.
Questo è ciò che rende quest'arte affascinante, il connubio tra una tecnica rigorosa e la massima libertà di espressione.
Così ogni seminario, accuratamente organizzato dalla nostra Scuola, ogni incontro di studio pratica fissato per i principianti e non, rappresentano un'occasione imperdibile di crescita e di ricerca interiore , attraverso un'arte che per il giapponesi rappresenta SOLO "la ricerca e la comprensione della vita tramite la pratica della calligrafia".
L'appuntamento per il prossimo seminario è per il 23 e 24 giugno presso la Scuola, ma per chi volesse avvicinarsi a questa nobile arte prima di questa data, è fissata, ogni ultimo martedi del mese una lezione gratuita di Shodo.
Namastè

Francesca Aiello

giovedì 15 marzo 2012

Tan Tien...questi sconosciuti...

La tradizione Taoista fornisce un'accurata descrizione della struttura energetica umana. Quest'ultima definisce l'essere umano nella sua intera manifestazione, ne determina la presenza fisica, il funzionamento di organi e apparati, l'aspetto emozionale, mentale e spirituale. Per questo, qualsiasi manifestazione, esplicita o implicita, conscia o inconscia, è il risultato di un movimento energetico. La quantità e la qualità di energia presente in ognuno di noi è dovuta  a diversi fattori, ma la quantità di energia non è di per sè un fattore sufficiente; non basta possedere "molta energia", bisogna anche saperla dirigere mediante l'intenzione. Di fatto l'energia si muove esclusivamente in ottemperanza al pensiero anche se quest'ultimo non è consapevole.
L'energia si sposta attraverso gli 80 meridiani, sorta di "corsie preferenziali" che formano una fitta rete di comunicazione fra gli organi, gli apparati ed il mondo esterno. Sui meridiani vi sono molti punti con diverse funzioni; possono essere "porte" di entrata, di uscita, di collegamento o altro.
Oltre ai meridiani, utilizzati in particolare dall'arte dell'agopuntura e del massaggio e dello shiatsu, il sistema energetico si caratterizza per la presenza di tre centri, ovvero zone di "grossa raccolta energetica", situato lungo l'asse gravitario al centro di testa, torace e addome.
Questi centri sono sovrapponibili, almeno per quanto riguarda il valore metaforico e simbolico, ai chakra, propri della Tradizione Induista e Buddista. Nel Taoismo sono chiamati TAN TIEN (superiore, medio ed inferiore) e rivestono un ruolo fondamentale come punto di attenzione delle arti che utilizzano il movimento come metodo per la salute o via evolutiva.
Il lavoro maggiormente improntato sui Tan Tien piuttosto che sui meridiani energetici è solo una questione di comodità metodologica, in ogni caso è sempre coinvolto tutto il sistema energetico essendo inscindibile sia nelle componenti che riguardano il singolo essere umano, sia nei rapporti con natura e universo. 
Namastè

venerdì 17 febbraio 2012

Oggi quale maschera indosso?

Di fronte a qualunque difficoltà o nei momenti di sofferenza, tendiamo a dare la colpa agli altri o alle circostanze che sfuggono al nostro controllo. Risulta più facile proiettare la nostra negatività su qualcosa di esterno. Così crediamo che il modo di agire, parlare o pensare degli altri sia la causa di tutta la nostra rabbia o gelosia, di ogni emozione negativa. 


Questa è una visione distorta del mondo e di noi stessi. Dovremmo invece venire a patti con i problemi e le difficoltà e cercare di risolverli. Potremo così scoprire che molti dei nostri problemi, che riteniamo insormontabili, sono in realtà alla nostra portata.


La soluzione sarebbe smettere di dare agli altri la colpa dei nostri problemi e di nascondere i nostri errori dietro svariate maschere.


Il progresso consiste appunto nel lasciar cadere queste maschere, vedere come siamo realmente e affrontare la situazione. I casi della vita, si tratti della solita routine o di eventi drammatici, ci mostrano nella nostra vera luce. Sono queste le situazioni con cui dobbiamo confrontarci; è questo il nostro compito.


Se vogliamo isolare e identificare le cause della sofferenza, dobbiamo prima di tutto cercare di comprendere come percepiamo il mondo. A tal fine è utile ragionare in termini di corpo, parola, mente. Tutto ciò che di buono o cattivo c'è in noi ha origine nella mente ed il corpo e la parola sono come marionette mosse dalla mente. 


Idealmente il corpo dovrebbe obbedire alla mente con un'armonia che implica l'assenza della minima separazione. Se invece permettiamo al corpo di seguire i suoi istinti fondamentali potremmo facilmente rimanere invischiati in una esistenza sensuale e materialistica da cui difficilmente riusciremmo a liberarci. Dobbiamo allora imparare a gestire con giudizio la nostra esistenza, anziché tradurre ingenuamente ogni impulso e ogni opinione in parole o azioni. 


Il nostro principio guida deve essere la compassione. La compassione può essere definita come la convinzione che, visto che siamo degli esseri dalle ricche possibilità e potenzialmente illuminati, abbiamo moltissimo da offrire al mondo. Piantiamo nella mente questo seme e lasciamo che pervada e ispiri ogni nostra parola ed azione. Se vogliamo innalzare la qualità del nostro comportamento è proprio con la mente che dobbiamo fare i conti.


Finché la meschina mente egoistica non si arrenderà o non verrà trasformata, non ci sarà nessun reale progresso. La meditazione può procurarci lo spazio ed il tempo per fare un passo indietro rispetto al problema e vederlo più chiaramente. Vederlo cioè come in realtà è sempre stato.


Namastè

lunedì 16 gennaio 2012

Siate un lume a voi stessi!

Generalmente, o siamo noi stessi un'autorità per gli altri, dicendo loro cosa fare, o cerchiamo qualcuno alla cui autorità rimetterci, che ci dica cosa fare. Non andremo in cerca di una figura autoritaria se avessimo fiducia in noi stessi e nella nostra capacità di comprensione.
Trovandoci di fronte a cose spiacevoli, frustranti o problematiche, pensiamo di doverci rivolgere a un maestro o a un'autorità che ci dica cosa fare. Non c'è nessuno che possa farci vedere la nostra vita, eccetto l'unica vera autorità: l'esperienza.
Qualcuno potrebbe dire: “Sto male e non so perché. Mi occorre qualcuno che mi dica cosa fare.” Quello di cui in realtà abbiamo bisogno è di una guida che ci faccia capire come porci di fronte alla nostra vita. Abbiamo bisogno di una guida che ci faccia capire che il vero maestro è ognuno di noi, ed ogni tradizione spirituale è volta a capire chi è questo “noi”.
C'è un unico maestro: la vita. Ognuno di noi è una manifestazione della vita , la vita è una maestra severa e insieme infinitamente dolce. Ed è un'autorità presente ovunque. Non bisogna andare da nessuna parte per trovare questo maestro, non è necessaria nessuna condizione particolare.
L'insegnamento, però, non è adatto a tutti. Il più spesso ci voltiamo dall'altra parte, non vogliamo saperne. Ma la domanda da porci è: cosa vogliamo sentire? Finché non saremo pronti, il che significa finché non avremo sofferto e non saremo disposti ad imparare dalla sofferenza, rimarremo a bocca aperta aspettando che il maestro di turno ci imbocchi la verità.
Ma se la vita (il maestro) sembra solo disagio, desolazione, abbandono e depressione chi vuole davvero ascoltarla? Nessuno! Eppure se cominciamo a conoscere questo preciso momento (il vero maestro) se sono sinceramente ogni attimo della mia vita, se sono quello che penso e sento, questa esperienza diventerà il gioioso vivere.
Quando diventiamo la nostra sofferenza, non esisterà più autorità e l'attenzione ed il fare esperienza sarà l'autorità. Allora diventa chiaro cosa fare.
Resta ancora una piccola illusione con cui ci divertiamo “Da adesso sarò io la mia autorità e nessuno mi deve dire cosa devo fare...costruirò da me i miei concetti sulla vita”. E' un controsenso in cui tutti cadiamo. Se diventiamo le nostre autorità in questo senso riduttivo, ci troviamo esattamente nella stessa condizione di schiavitù, come se ci affidassimo all'autorità di un altro.
Cosa ne pensate?
Namasté

venerdì 13 gennaio 2012

Essenza della Vita

Il monaco Tannen disse: “L'insegnare soltanto il vuoto mentale non è una cosa convincente. Il non pensare significa pensare rettamente”. Queste sono parole interessanti.
Il nobile Senjo Sanemori aggiunse: “La Via consiste nella giusta respirazione, senza curarsi dei pensieri vani. Questo non significa non pensare, ma pensare rettamente, non fermandosi neppure per un istante su pensieri inutili. Questa Via è l'unica, ma sono pochi quelli che capiscono questa logica luminosa. Non è possibile raggiungere una tale purezza, se non dopo una costante disciplina”.
(Hagakure - Yamamoto Tsunetomo)

martedì 3 gennaio 2012

Uccidi, uccidi!

I più grandi maestri sono così dalla nascita, quindi sforzarsi non è sufficiente; ma se si tratta di metterci tutta l'anima e non curarsi della vita, a chi potremmo essere inferiori?” (Suzuki Shosan)
Quando riusciamo a trasformare l'attenzione in un abitudine stabile e solida diventa di per se meditazione. L'applicazione costante della massima attenzione senza lasciarsi turbare dalle cose, sviluppare un atteggiamento fiducioso che non è mai di sofferenza, di offesa, di preoccupazione o di tristezza è di per se meditazione.
Esistono numerosi metodi di pratica, ma in sostanza tutti si riconducono ad andare al di là del pensiero. La fonte della sofferenza è l'ego, il pensiero di sé. Capire questo significa ragionare. Se si capisce il motivo per cui si soffre, l'effetto del senso del dovere è di risvegliare lo sforzo di estinguere il pensiero di sé con mente genuina e coraggiosa.
Si tratta di agire con giustizia e praticare l'onestà. Per onestà si intende capire che tutti i fenomeni condizionanti sono illusione. Noi gente comune dobbiamo riconoscere che siamo dei malati molto gravi. Nella mente che fluttua c'è la malattia dell'illusione, ci sono le infermità dell'avidità e delle false comprensioni, della debolezza e dell'ingiustizia.
Quelli che raggiungono la Via conoscono il principio del vuoto originario, usano il principio e il dovere come fucina per temprare giorno e notte quella mente, eliminano i residui di impurità, la rendono una mente-spada pura e senza ostacoli, recidono alla radice i pensieri egoistici e ossessivi, vanno al di là di qualsiasi pensiero, vincono tutto e non sono turbati da niente, non nascono e non muoiono. Queste sono chiamate persone della Via(Suzuki Shosan)
Chiunque decide di intraprendere una Via non potrà avere successo se non ha fin dall'inizio una mente intrepida. Per superare le difficoltà occorre una mente stabile che non si lascia traviare dalle apparenze.
Sapendo ormai che l'origine della sofferenza è il sé, il pensiero di sé, l'ego, quando riusciremo a liberare la mente, supereremo una miriade di preoccupazioni, ci eleveremo al di sopra delle cose e saremo liberi. “Visto che è la mente che confonde la mente, non lasciarla entrare nella tua mente(Suzuki Shosan)
Quando riusciamo ad avere costantemente una mente meditativa la risolutezza permeerà il nostro essere, avremo una mente che non dipenderà dalle cose, sarà intrepida, incrollabile, impassibile, imperturbabile, tranquilla e immutabile, padrona di tutto.
Uccidi, uccidi! Se per un attimo smetti di uccidere,finirai all'inferno dritto come una freccia.
Ricordiamoci di uccidere in ogni momento il nostro ego!!
Namastè